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22.03.2019

Le lesioni dovute a traumi costituiscono la prima causa di morte sotto i 40 anni e la mortalità globale per trauma in Europa è “stimata in 47,6 decessi per 100.000 abitanti, per ogni persona deceduta si contano 2 - 3 persone con invalidità anche gravi”.

E se i traumi più frequenti “sono quelli dovuti ad incidente stradale seguiti subito dopo dai traumi da caduta e precipitazione, più frequenti in ambito lavorativo”, molti soggetti infortunati “potrebbero essere soccorsi più efficacemente, evitando il sopraggiungere di danni irreversibili e morte”. Secondo alcune statistiche “si va dal 33% al 73% di morti prevenibili” ed è per questo motivo che è importante “migliorare la qualità del soccorso, ferma restando l’importanza di prevenire questi eventi attraverso una puntuale valutazione del rischio, l’adozione degli idonei dispositivi di protezione e la formazione, che in questi casi deve essere ancora più specifica ed estesa anche all’utilizzo di presìdi”.

 

Ad affermarlo e a soffermarsi sulle lesioni traumatiche e sul soccorso traumatologico, con particolare riferimento al mondo del lavoro, è la pubblicazione “ Il primo soccorso nei luoghi di lavoro” elaborata dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail e a cura di Bruno Papaleo, Giovanna Cangiano, Sara Calicchia e Mariangela De Rosa (Inail). Una pubblicazione che si presenta come supporto didattico e non sostituisce un corso di formazione che preveda delle esercitazioni pratiche, così come definito dall’art.45 del d.lgs. 81/2008 e dal d.m. salute 388/2003.

 

 
 
 

 

I traumi e gli interventi di soccorso

Nel capitolo dedicato al “supporto vitale nel traumatizzato” vengono fornite diverse informazioni che chiaramente “non esauriscono una materia così complessa come il soccorso del traumatizzato”, ma che “possono essere di aiuto a chi si occupa di formazione alla sicurezza per capire quali conoscenze e abilità pratiche di base far acquisire ai lavoratori”.

 

Riguardo agli ambienti di lavoro si indica che “la maggiore difficoltà nel soccorso ad un paziente traumatizzato è data dalla enorme variabilità degli scenari, cioè delle condizioni in cui il trauma si è verificato e degli altri fattori intercorrenti”.

In questo senso se le linee guida internazionali propongono una sequenza base, questa sequenza “deve essere adattata momento per momento alle condizioni reali effettive presenti sul posto.” E dunque anche la formazione degli addetti al primo soccorso “deve comprendere una variabilità di scenari il più possibile calati nella realtà lavorativa dell’azienda”.

 

Il documento fornisce anche alcune informazioni sul significato del termine “trauma”.

Il trauma si può intendere come “una lesione fisica causata da una forza applicata alla superficie del corpo o, più in generale, da un agente esterno in grado di superare la resistenza fisiologica opposta dal corpo”. E l’agente esterno “può essere di diverso tipo: meccanico (es. incidente stradale), chimico (es: avvelenamento da sostanze corrosive), termico (ustioni), radiante (raggi x, colpo di sole), elettrico (elettrocuzione)”. Inoltre “può interessare una parte circoscritta (es. un arto) oppure più parti del corpo: in questo caso si parla di politrauma o trauma grave (major trauma). A seconda della parte interessata possono essere coinvolte funzioni vitali importanti quali il sistema cardiocircolatorio (traumi toracici, emorragie) cioè il sistema di trasporto dell’ossigeno e dei nutrienti, l’apparato respiratorio e quindi la funzione di ossigenazione dei tessuti e lo scambio dei gas, oppure il sistema nervoso centrale o periferico”.

 

Si indica poi che uno dei fattori principali che influenzano l’esito dell’intervento di soccorso è il tempo e si parla, infatti, di “golden hour o golden period per indicare il tempo che intercorre tra il verificarsi della lesione e un trattamento sanitario adeguato. Si è visto che questo tempo è un fattore critico e che più breve è il tempo che intercorre tra l’evento e l’ospedalizzazione, maggiori sono le probabilità di sopravvivenza. Fortunatamente la maggioranza dei traumi coinvolge un solo sistema corporeo, quasi sempre gli arti. In questo caso il fattore tempo è meno vincolante in quanto in genere non si tratta di lesioni potenzialmente mortali”.

Invece in una minoranza dei casi – continua il documento - il paziente presenta un politrauma, “cioè ha lesioni che coinvolgono più sistemi, in particolare l’apparato respiratorio, circolatorio o il sistema nervoso. In questi casi il tempo è un fattore critico e l’intervento deve essere il più rapido possibile, in modo da far arrivare il paziente al più presto in un centro adatto (trauma center), attrezzato cioè per il trattamento di pazienti che presentano più lesioni contemporaneamente e che richiedono competenze ed attrezzature polispecialistiche”.

 

Le strategie operative nei casi di trauma

Il documento sul primo soccorso nei luoghi di lavoro indica che “nei casi di trauma maggiore possono esservi due distinte strategie operative messe in atto dai sistemi di emergenza:

  • scoop & run (carica e corri) per indicare quella modalità operativa che preferisce far arrivare il paziente il più presto possibile al trauma center, senza perdere tempo sul campo. Questa strategia è particolarmente indicata in caso di ferite penetranti al collo, torace, addome, radice degli arti (es. coltellata all’addome, colpo di arma di fuoco, ecc.) in quanto le emorragie in questi casi sono difficilmente comprimibili ed è importante far arrivare il paziente il prima possibile sul tavolo operatorio;
  • stay & play (stai e tratta) da applicare quando ci sono traumi chiusi, cioè lesioni non penetranti in profondità, oppure emorragie agli arti. In questi casi è preferibile stabilizzare il paziente sul posto e poi trasportarlo in ospedale. Il trattamento sul posto necessita di equipe dotate di alta professionalità (ALS – advanced life support) in grado di eseguire manovre terapeutiche complesse (intubazione tracheale, drenaggio pneumotorace ecc.) in condizioni ambientali spesso sfavorevoli”.

 

La catena della sopravvivenza nel trauma

Concludiamo questa breve presentazione del contenuto del documento Inail, sul “supporto vitale nel traumatizzato”, con alcune indicazioni sulla catena della sopravvivenza nel trauma.

 

Infatti, come per il supporto vitale di base e la defibrillazione, anche nel soccorso traumatologico si parla di catena della sopravvivenza.

 

Catena della sopravvivenza

 

Riportiamo i cinque anelli della catena:

  • Primo anello (allarme precoce e dispatch): “il primo anello è costituito dall’allarme precoce, cioè dall’allertamento immediato da parte dei presenti del 112 cui vanno riferiti con esattezza tutti i particolari osservabili circa il luogo dell’evento, il numero dei feriti, la presenza di fattori ostacolanti il soccorso o che richiedano la presenza di altre professionalità per mettere in sicurezza la scena o per avvicinare i feriti (Vigili del fuoco, Forze dell’ordine, ecc.). La Centrale operativa deciderà di conseguenza quale mezzo di soccorso inviare e la strategia operativa”.
  • Secondo anello (valutazione condizioni infortunato/i): “il secondo anello è costituito dalla valutazione della sicurezza della scena e dei potenziali rischi e dal triage sul posto cioè, nel caso siano presenti più feriti, dall’immediato riconoscimento delle condizioni degli infortunati e dall’identificazione dei pazienti da trattare per primi”.
  • Terzo anello (trattamento preospedaliero): “il terzo anello è costituito dal trattamento sul posto messo in atto, in un primo momento dagli addetti al PS aziendali e, successivamente, dal personale sanitario arrivato con i mezzi di soccorso (ALS - advanced life support)”. 
  • Quarto anello (centralizzazione): “il quarto anello è costituito dall’ospedalizzazione presso un centro idoneo al trattamento di quel paziente. Se indicato il ricovero va effettuato presso un trauma center, cioè un ospedale dove sono presenti attrezzature e competenze multidisciplinari dedicate al trauma”.
  • Quinto anello (trattamento ospedaliero): “il trattamento del paziente prosegue con la fase diagnostica e la terapia di emergenza presso il trauma center”.

 

Si ricorda, infine, che “i primi 3 anelli della catena della sopravvivenza riconoscono un ruolo fondamentale agli addetti al primo soccorso, almeno per quanto riguarda i passaggi fondamentali, in attesa del soccorso avanzato”.

E proprio perché il soccorso sul campo “costituisce senza dubbio la fase più critica”, è richiesta “una costante ed efficace formazione del personale deputato alla gestione dell’emergenza aziendale”.   

 

Concludiamo segnalando che, riguardo al soccorso traumatologico nei luoghi di lavoro, la pubblicazione Inail, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta anche precise indicazioni sulla valutazione dello scenario, sulla valutazione del lavoratore infortunato e sulla mobilizzazione del traumatizzato.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Il primo soccorso nei luoghi di lavoro”, a cura di Bruno Papaleo, Giovanna Cangiano, Sara Calicchia e Mariangela De Rosa (Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), coordinamento scientifico di Bruno Papaleo, edizione 2018 (formato PDF, 23,06 MB).

 

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Articolo tratto da puntosicuro.it