News

05.03.2018

E’ interessante questa sentenza della Corte di Cassazione in quanto la stessa, chiamata a rispondere di un infortunio occorso a un lavoratore in un cantiere edile, dopo un’analisi corretta e approfondita fatta sulla posizione di garanzia dei singoli imputati, ha sostanzialmente riepilogato quella che può ormai ritenersi una posizione consolidata della giurisprudenza sulla responsabilità che è da addebitare sia alla figura del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP) e di esecuzione (CSE) nei cantieri temporanei o mobili che del datore di lavoro dell’impresa affidataria che gestisce una struttura aziendale complessa, con tanti cantieri aperti e con una organizzazione di preposti, e che comunque non interferisce nell’esecuzione dei lavori impartendo istruzioni e direttive o esercitando una continua ingerenza.

 

Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ha ribadito la suprema Corte quanto ha più volte sostenuto in precedenti espressioni, è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione del lavoro, svolge compiti di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale e in tal senso la stessa Corte ha richiamato tutti gli obblighi che il legislatore gli ha imposti e contenuti nell’art.92 del D. Lgs.9/4/2008 n.81. Non è anche tenuto invece, ha proseguito, ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, controllo questo demandato ad altre figure operative, quali il datore di lavoro, il dirigente e il preposto.

 

Il datore di lavoro, da parte sua, è titolare di una posizione di garanzia e responsabile del rispetto della normativa antinfortunistica e se gestisce una struttura aziendale complessa e con tanti cantieri in atto e ha provveduto a organizzare la sicurezza con la nomina di altrettanti preposti, va escluso da ogni profilo di colpa per l’infortunio occorso a un lavoratore se questo non è derivato da scelte gestionali di fondo o da difetti strutturali dallo stesso conosciuti o conoscibili, ma è derivato invece da una decisione estemporanea assunta nello svolgimento dei lavori del cantiere e dunque di carattere meramente occasionale allorquando la gestione del rischio è quindi riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto (ha fatto riferimento in tal senso alle sentenze Sez.4 n. 22606 del 4/4/2017 e n. 24136 del 6/5/2016).

 

Nel caso in esame la Corte di Appello ha annullata una sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei confronti di un coordinatore per la sicurezzain fase di esecuzione e del datore di lavoro di un’impresa affidataria. La suprema Corte su ricorso presentato dal Procuratore Generale della Corte di Appello che ne aveva chiesto l’annullamento, alla luce delle considerazioni e dei principi sopra esposti, ha rigettato il ricorso confermando così l’assoluzione sia del coordinatore che del datore di lavoro. Un insegnamento che si ritiene in linea con le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro e da seguire.

 

Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione

Il datore di lavoro e il direttore tecnico di un’impresa affidataria, il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione e il titolare di un’impresa subappaltatrice sono stati condannati dal Tribunale quali responsabili dell'infortunio sul lavoro occorso a un dipendente della ditta subappaltatrice che aveva subito lesioni personali con postumi invalidanti permanenti.

 

Secondo l'ipotesi accusatoria, il giorno dell’infortunio il dipendente della ditta subappaltatrice alla quale alla quale erano stati affidati dei lavori di carpenteria in un cantiere installato per la realizzazione di parcheggi interrati a servizio di una struttura medica privata, mentre si trovava su un tavolato sprovvisto di idonea protezione perché il parapetto era mancante del corrente superiore e della fascia fermapiede, era caduto da un'altezza di circa tre metri riportando gravi fratture, l'indebolimento permanente del sistema nervoso centrale e dell'organo della deambulazione.

 

Oltre ad un addebito di colpa generica, erano state contestate agli imputati specifiche violazioni di norme antinfortunistiche e precisamente al coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione di non aver adeguato il piano di sicurezza e coordinamento all'evoluzione dei lavori e alle modifiche intervenute per adeguare la sicurezza in cantiere, e di avere omesso le opportune azioni di coordinamento e controllo per l'applicazione di corrette procedure di lavoro dell'impresa esecutrice, in violazione dell'art. 92, comma 1 lett. a) e b) del D. Lgs. n.81/2008; al datore di lavoro dell’impresa affidataria di non aver vigilato sul corretto espletamento delle attività di direzione attribuite al suo dipendente direttore tecnico di cantiere e di non avere verificato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati all'impresa esecutrice, né l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano operativo di sicurezza, in violazione dell'art. 97, comma 1, dello stesso D. Lgs.; all’incaricato della direzione del cantiere (preposto) di non aver vigilato sull'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dal contratto di subappalto (in particolare, di non aver verificato che prima dell'esecuzione dei lavori in altezza fossero state predisposte tutte le protezioni per impedire cadute accidentali nel vuoto) e di avere inoltre omesso di informare il datore di lavoro dell'impresa esecutrice della mancata osservanza degli obblighi di legge, in violazione dell'art. 19, comma 1 lett. a) del medesimo D. Lgs..

 

La Corte d'Appello ha assolto il coordinatore e il datore di lavoro dell’impresa affidataria per non aver commesso il fatto e ha ridotta la pena al direttore tecnico di cantiere. Secondo i giudici di appello non era censurabile la condotta del coordinatore il quale aveva correttamente predisposto il piano di sicurezza e coordinamento e non lo aveva adeguato in quanto non a conoscenza della nuova modalità di lavoro, dettata dall'urgenza, e decisa quella stessa mattina in cantiere dai soggetti direttamente responsabili. Non era stato neppure ravvisato un profilo di colpa in capo al datore di lavoro dell’impresa affidataria stante la complessità della struttura aziendale, che aveva più cantieri aperti, e la scelta di carattere occasionale del preposto dovuta all'urgenza del momento.

 

Avverso la pronuncia assolutoria del coordinatore e del datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale che ha richiesto l’annullamento della sentenza. Lo stesso ha fatto rilevare che la zona nella quale era successo l’infortunio non era stata posta in sicurezza per cui l'accesso doveva essere precluso e inoltre che con verbale dello Spresal redatto il giorno stesso dell’infortunio era stata disposta la sospensione immediata dei lavori fino alla installazione completa delle opere di protezione contro il rischio di caduta dall'alto perché risultate carenti in tutto il cantiere. Secondo il Procuratore ricorrente, inoltre, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, aveva un compito di alta vigilanza che lo obbligava a frequentare il cantiere per rilevarne periodicamente le criticità, mentre il datore di lavoro rimaneva titolare di una posizione di garanzia, in relazione al controllo dei sistemi di sicurezza atti a prevenire rischi di carattere generale.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La suprema Corte ha fatto presente che la Corte di Appello aveva analizzato in maniera corretta le posizioni di garanzia dei due imputati verso i quali era stato presentato il ricorso e aveva escluso la responsabilità di entrambi, in relazione al sinistro occorso al lavoratore, con ragionamento immune da censure. Secondo la ricostruzione della vicenda che si legge nella sentenza impugnata, ha posto in evidenza la Sez. IV, la decisione di proseguire i lavori in una parte di cantiere non ancora messa in sicurezza non era oggetto di programmazione ma era stata dettata dall'urgenza del momento e decisa dallo stesso infortunato, dal titolare della ditta subappaltatrice e dal preposto G.C. presenti quel giorno in cantiere. Ciò era anche emerso dalle dichiarazioni rese dallo stesso lavoratore infortunato.

 

La Corte di Cassazione ha quindi analizzata la posizione dei due imputati alla luce delle considerazioni sopra esposte. Quanto al coordinatore la Corte suprema ha messo in evidenza che più volte dalla stessa è stato affermato che tale figura è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione del lavoro, svolge compiti di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, compiti che sono dettagliatamente indicati nell’art. 92 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008. “Lo stesso non è invece tenuto” ha così proseguito la Sez. IV, “anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, controllo questo demandato ad altre figure operative, quali datore di lavoro, dirigente e preposto” e ha citate alcune sentenze che si sono già espresse in tal senso precedentemente.

 

Esclusa quindi la necessità di una presenza quotidiana del coordinatore in cantiere e considerato che lo stesso aveva correttamente predisposto il piano di sicurezza e di coordinamento, la Corte territoriale ha ragionevolmente escluso che potesse essere a lui addebitato di non averlo modificato aggiornandolo ed integrandolo in relazione allo sviluppo dei lavori, posto che di tale sviluppo egli non era a conoscenza.

 

Quanto poi alla posizione del datore di lavoro dell’impresa affidataria la suprema Corte  ha ribadito che “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è correttamente inquadrato come datore di lavoro, titolare di una posizione di garanzia e responsabile del rispetto della normativa antinfortunistica, il soggetto che, pur avendo formalmente appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all'infortunio, sia intervenuto costantemente nella loro esecuzione, curando l'organizzazione del lavoro ed impartendo istruzioni e direttive, esercitando cioè una continua ingerenza nella prosecuzione dei lavori medesimi”.

 

Nel caso in esame, ha così concluso la Sez. IV, la Corte territoriale aveva escluso ogni profilo di colpa in capo al datore di lavoro sia per la complessità della struttura aziendale, con diversi cantieri aperti e con una organizzazione di preposti, sia tenendo conto che “l'incidente non era derivato da scelte gestionali di fondo o da difetti strutturali conosciuti o conoscibili dal datore di lavoro, ma da una decisione estemporanea assunta nello svolgimento dei lavori del cantiere e dunque di carattere meramente occasionale: la gestione del rischio era quindi riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto”.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 48963 del 25 ottobre 2017 (u. p. 21 settembre 2017) -  Pres. Blaiotta – Est. Menichetti – Ric. Procuratore Generale. - Se l’infortunio di un lavoratore accaduto in un cantiere non è avvenuto per errate scelte gestionali di fondo o da difetti strutturali noti ma da una decisione estemporanea assunta durante i lavori la gestione del rischio è di competenza del preposto.

 



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

Articolo tratto da puntosicuro.it