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29.03.2019

Una delle colonne portanti di qualunque strategia di prevenzione aziendale è rappresentata dalla valutazione dei rischi.

Tuttavia dai dati che emergono dagli incidenti lavorativi, che sono tornati ad aumentare insieme alle malattie professionali, si rileva come in molti luoghi di lavoro i rischi non siano ancora adeguatamente valutati o lo siano in modo superficiale, senza attenzione ai rischi effettivi e con uno scarso coinvolgimento di coloro che meglio conoscono le realtà lavorative.

 

Per trovare informazioni che permettano alle aziende di migliorare i processi di valutazione dei pericoli sono presenti in rete diversi documenti realizzati anche dai dipartimenti di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro che sono presenti nelle aziende sanitarie regionali.

 

Ci soffermiamo oggi, ad esempio, sul documento “La valutazione del rischio”, a cura di Maria Rosaria Libone (Azienda USL 12 Viareggio, ora Azienda USL Toscana Nord Ovest) che fornisce varie informazioni introduttive al processo di identificazione e valutazione dei rischi.

 

Ci soffermiamo, in particolare, su:


 

I pericoli e i livelli di rischio

Nel documento viene ricordata la distinzione tra pericolo e rischio.

  • Pericolo: “situazione da cui può derivare un danno a persone o cose (caduta, scivolamento, schiacciamento, urto, ustione, elettrocuzione ecc..)” - “Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore (es. materiali o attrezzature di lavoro, metodi o pratiche, etc.) aventi il potenziale di causare danno; 
  • Rischio: “combinazione della entità del danno (indipendentemente dalla tipologia) e di probabilità che il danno si manifesti” - “Probabilità che sia raggiunto il potenziale di danno nelle condizioni di utilizzo, ovvero di esposizione, di un determinato fattore”.

E in questo senso il rischio relativo al fenomeno pericoloso considerato è “una funzione di:

  • gravità del danno possibile per il fenomeno pericoloso considerato; 
  • probabilità di accadimento del danno considerato:
    • frequenza e durata di esposizione
    • probabilità di accadimento di un evento pericoloso
    • possibilità di evitare o limitare il danno”. 

 

Il documento indica poi che si possono identificare “tre livelli di rischio:

  • accettabile: “un rischio talmente ridotto da potere essere considerato praticamente nullo”. Un rischio accettabile (livello medio-basso o basso) “comporta danni fisici di lieve entità o soltanto danni economici”;
  • tollerabile: “un rischio non nullo ma tollerabile se non è possibile ridurlo ulteriormente con interventi tecnici o organizzativi”. Un rischio tollerabile (livello medio) comporta “danni fisici di entità grave, anche potenzialmente mortale”;
  • inaccettabile: “la condizione di rischio deve comunque essere rimossa dall’ambiente di lavoro prima di continuare a lavorare”. Un rischio inaccettabile (livello alto o medio-alto) riguarda la “probabilità non trascurabile di eventi pluri-mortali o danni all’ambiente”.

In questo senso la valutazione del rischio è il “processo decisionale mediante il quale si stabilisce che un rischio è ‘accettabile’, ‘tollerabile’ o ‘inaccettabile’”.

Ovvero è il “procedimento di valutazione della possibile entità del danno, quale conseguenza del rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori nell’espletamento delle mansioni, derivante dal verificarsi di un pericolo sul luogo di lavoro”. 

 

Il documento, che vi invitiamo a visionare, ricorda poi che la percezione del rischio è il modo “con cui le persone percepiscono il pericolo”. E un approccio equilibrato alla sicurezza “è sviluppato soltanto se il rischio reale coincide (o quasi) con quello percepito. Occorre approfondire le modalità di percezione del rischio e correggere le distorsioni con opera di Informazione/formazione”. 

 

Come identificare i pericoli? 

Il documento ricorda innanzitutto come la normativa vigente non richieda “la quantificazione della probabilità degli eventi incidentali o nocivi che sarebbe praticamente impossibile” (l’approccio quantitativo “è usato nella valutazione dei grandi rischi ed in tutte le aree produttive in cui è necessaria una trattazione più rigorosa in termini di affidabilità di macchine ed impianti”, ad es. il settore nucleare, le raffinerie, …).

 

Si segnala poi che l’identificazione dei potenziali pericoli generalmente è sviluppata attraverso alcuni strumenti-indagini, “quali per esempio:

  • liste di controllo (check-list);
  • verifica di conformità alle norme;
  • verifica di conformità ai criteri di buona tecnica;
  • rispetto delle norme generali di cautela (art.15 D.Lgs. 81/08);
  • tecniche e metodologie sistematiche”.

 

I rischi da valutare nei luoghi di lavoro

Dopo aver fornito alcune indicazioni su come decidere i livelli di rischio, il documento indica che bisogna valutare:

  • i rischi per la sicurezza o di infortunio
  • i rischi per la salute
  • i rischi “trasversali”.

 

A questo proposito segnala che i rischi di infortunio possono riguardare:

  • carenze delle macchine e impianti: ad esempio “cesoiamento, stritolamento, tagli, abrasioni, ustioni, contatto con superfici acuminate, superfici abrasive, superfici bagnate o scivolose”, …
  • condizioni particolari dell’ambiente di lavoro: ad esempio “investimento, cadute, seppellimento, sprofondamento, elettrocuzione”,…
  • assenza di direttive specifiche aziendali: ad esempio con riferimento a “investimento da parte di macchine semoventi, urti contro macchine in funzione”,…
  • comportamenti imprudenti dei lavoratori
  • mancanza dei mezzi individuali di protezione
  • accidentalità
  • …”

 

rischi per la salute sono relativi ad agenti fisici, agenti chimici, agenti biologici e agenti cancerogeni o mutageni (nel documento sono riportati vari esempi di agenti fisici e chimici).

Mentre i rischi trasversali possono “essere causa sia di infortunio che di danni alla salute”.

Ad esempio possono essere attribuiti a:

  • assenza di direttive aziendali
  • fatica fisica dovuta a:
    • spostamento di pesi
    • effettuazione di movimenti incongrui e/o ripetuti
    • mantenimento prolungato di posture fisse (es. stazione eretta)
    • necessità di assumere posizioni viziate
  • fatica nervosa è strettamente collegata all’organizzazione del lavoro vera e propria
    • tempi, ritmi e carichi di lavoro
    • rapporti gerarchici, autoritarismo
    • mancanza di autonomia professionale
    • monotonia, ripetitività
    • eccesso di responsabilità o deresponsabilizzazione
    • mancata gratificazione, frustrazione, dequalificazione
    • inadeguatezza delle mansioni
    • paura di perdere il posto di lavoro
    • difficoltà di inserimento nel gruppo, ecc”. 

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento che si sofferma anche sulle misure di prevenzione, sugli aspetti normativi della valutazione dei rischi e sulle metodologie di analisi e valutazione.

 

RTM

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

“ La valutazione del rischio”, a cura di Maria Rosaria Libone - Azienda USL 12 Viareggio (formato PDF, 386 kB).

 

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Articolo tratto da puntosicuro.it