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15.10.2019

D.Lgs. 81/2008: nascita, efficacia, criticità ed evoluzione della normativa

Se l’anno scorso abbiamo festeggiato il decennale del D.Lgs. 81/2008, se nel ricordarne i dicei anni passati abbiamo parlato di possibili modifichesemplificazioniaffinamenti del testo normativo, prima di comprendere quale potrebbe essere il futuro del decreto, è bene conoscerne anche il passato. Come è nato? Quali obiettivi voleva raggiungere? Li ha raggiunti? Si adatta ancora ad un mondo del lavoro in continua trasformazione?

 

Per parlarne, per avere oggi qualche utile riflessione per affrontare il futuro della normativa, non possiamo che intervistare uno degli estensori, uno dei “padri” del D.Lgs. 81/2008, l’onorevole Cesare Damiano. Una persona che al di là del lungo lavoro svolto per scrivere il testo normativo, ha ricoperto negli anni sia il ruolo di Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sia quello, per diversi anni, di Presidente della Commissione lavoro della Camera.

 

 

L’intervista a Cesare Damiano

Raccontiamo ai nostri lettori come e quando è nato il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81… Qual è stato l’obiettivo, le convinzioni che vi hanno portato a iniziare quel lungo lavoro di riordino della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro?

 

Cesare Damiano: Abbiamo iniziato i lavori per il Testo unico nel 2007. Siamo partiti dalla convinzione che la tutela della salute e sicurezza e nei luoghi di lavoro fosse allora come adesso una tra le più alte espressioni di civiltà di un Paese moderno, perché ne certifica il grado di avanzamento civile, sociale, economico e morale.

Abbiamo attuato una riforma coerente con la normativa europea e l’assetto costituzionale e messo in campo azioni mirate che hanno prodotto risultati concreti in termini di riduzione significativa degli infortuni totali ed in particolar modo di quelli mortali.

 

capisaldi del complesso normativo erano contenuti nella legge delega (del 3 agosto 2007 n. 123) e sono l’estensione del campo di applicazione a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati e l’uniformità della tutela su tutto il territorio nazionale. Questo era stato nei precedenti tentativi di riforma uno dei principali problemi che siamo riusciti a risolvere attraverso un lungo lavoro di stretta collaborazione e confronto con le Regioni.

 

Quale pensa sia stato l’impatto del D.Lgs. 81/2008 sul mondo del lavoro? Il decreto è stato efficace nel tutelare i lavoratori e ridurre infortuni e malattie professionali?

Cosa dovrebbe fare il Governo attuale per affrontare le criticità evidenziate anche dai recenti gravi infortuni?

 

C.D.: Lei mi chiede se il Testo Unico è stato efficace. L’andamento infortunistico tra il 2008 e il 2017 è positivo, mentre preoccupante è l’andamento delle malattie professionali.

 

Dopo l’introduzione del D. Lgs. 81/2008 la media giornaliera degli incidenti mortali è passata da 4,5 a 3. Indubbiamente un netto miglioramento. Successivamente però, il trend si è invertito e, nel 2019, nonostante la diminuzione delle ore di lavoro dovute all’aumento della Cassa Integrazione, gli incidenti mortali sono aumentati.

 

È importante che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, abbia dichiarato che intende intervenire sul tema degli incidenti sul lavoro avviando un apposito tavolo

Ben venga l’iniziativa di Conte che dimostra una sensibilità non scontata.

Il nuovo Governo riparta da qui: cancelli la normativa sblocca-cantieri approvata dal Governo precedente; elimini, nelle gare, il rischio del ‘massimo ribasso’ mascherato da ‘offerte economicamente più vantaggiose’; assuma nuovi ispettori; attui le Deleghe del Decreto 81 del 2008, metà delle quali è ancora inattuata

 

Quali sono, a suo parere, i problemi del mondo del lavoro che si ripercuotono anche sul tema della sicurezza?

 

C.D.: Domina di nuovo, nel contesto della globalizzazione senza regole, un principio di concorrenza malata, che si riflette anche nelle regole europee. Cosa che esercita una pressione su due fattori fondamentali: la remunerazione del costo del lavoro, da una parte, e gli investimenti in sicurezza, dall’altra. I quali, invece di essere vissuti come un investimento in prevenzione, sono considerati un costo, possibilmente da evitare, perché questo fa il paio con la logica - che abbiamo cercato, con difficoltà, di contrastare - del massimo ribasso: gli appalti degli appalti degli appalti in cui si verificano i maggiori incidenti. Molte volte, quando parliamo delle grandi imprese, ci sono dossier patinati che dimostrano come la sicurezza sia considerata con la massima attenzione. Ma basta soltanto allontanarsi di poco dal “nocciolo duro” composto dai dipendenti di quell’impresa e andare nella catena degli appalti e dei subappalti, per vedere come lì venga scaricata la differenza di costo anche per quanto riguarda la sicurezza.

 

Non pensa che sia necessario, in relazione agli ingenti costi della non sicurezza che anche l’Inail spesso sottolinea, che le aziende concepiscano ogni spesa in materia di sicurezza come un vero e proprio investimento?

 

C.D.: Al 21^ Congresso mondiale sulla salute e sicurezza sul lavoro, che si è tenuto recentemente a Singapore, è stato presentato dall’UE-OSHA un Rapporto scientifico con il quale si certifica che il costo delle morti sul lavoro, degli infortuni e delle malattie professionali ammonta, a livello mondiale, a 2.680 miliardi di euro, pari al 3,9% del PIL globale. In Europa il costo è di 476 miliardi di euro, pari al 3,3% del PIL mentre, i soli tumori causati dall’attività lavorativa, generano costi pari a 119 miliardi di euro. Cifre spaventose.

 

Finché la sicurezza verrà concepita come un costo e non come un investimento, si spenderà di più, dopo, e non si metterà un freno alle morti, alle invalidità e alle malattie. I recenti casi del ponte Morandi e della metropolitana di Roma, nei quali la magistratura è intervenuta con alcuni arresti, dimostrano che si preferisce risparmiare anche mettendo a rischio le vite umane; che il massimo ribasso è un cancro da sconfiggere: un ribasso, anomalo, del 50% nell’appalto per la Metro romana ha, come conseguenza, corruzione, mancati controlli e risparmi sulle manutenzioni. Dopo gli incidenti si versano lacrime di coccodrillo.

 

Il futuro del D.Lgs. 81/2008

Torniamo al D.Lgs. 81/2008. Non crede che sia difficile oggi giudicarlo in assenza di numerosi decreti attuativi?

 

C.D.: Sicuramente ciò che occorre fare è innanzitutto dare al Testo Unico completa attuazione. Ad oggi mancano molti provvedimenti di attuazione, circa la metà.

Tra le norme inattuate é di fondamentale importanza il completamento del sistema di qualificazione delle imprese e la patente a punti per l'edilizia e occorre intervenire anche per un ulteriore rafforzamento nei controlli per i quali va realizzato un più efficace coordinamento.

È indispensabile intervenire per consentire agli ispettori di operare efficacemente. E poi, senza dubbio, occorre innovare ulteriormente la normativa adattandola alle nuove sfide del lavoro che cambia e producendo un aggiornamento delle norme tecniche.

 

Infine dobbiamo parlare del futuro del D.Lgs. 81/2008. L’anno scorso è stato festeggiato il decennale e si è fatto, in diverse sedi, il punto della normativa spesso con il proposito di nuove modifiche o integrazioni. Lei pensa che siano necessarie delle modifiche?

 

C.D.: In conclusione, ci sono parti di questa legislazione da completare, da correggere, da innovare. Non difendo quel testo in modo ideologico. Però, quell’impianto, per come è stato organizzato, a partire dai temi della prevenzione, della formazione, del controllo, del sostegno alla piccola e media impresa, dalla premialità che, a mio avviso, deve essere collegata alla diminuzione degli infortuni, ha retto. E questo, nonostante i tentativi, dopo il 2008, da parte di alcuni governi, di indebolire quell’impianto. Ora, le nuove frontiere del mercato del lavoro ci interrogano sulle nuove frontiere della sicurezza.

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 

Articolo tratto da puntosicuro.it