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30.11.2023

Riflessioni e spunti sulla responsabilità penale degli RLS

Con riferimento alla sentenza della Cassazione del 25 settembre 2023 n. 38914, Paolo Pascucci presenta alcune utili riflessioni sul dibattito relativo alla responsabilità penale degli RLS. Le parole usate, le attribuzioni e la cooperazione colposa.

 

 

Non c’è dubbio che in queste ultime settimane una recente pronuncia giurisprudenziale della Corte di Cassazione - sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914 – abbia dato il via ad una serie di articoli, discussioni e polemiche non solo sulla portata e il significato della sentenza, ma anche sul ruolo del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).

Ricordiamo, infatti, che questa sentenza ha confermato la responsabilità penale di un RLS in un caso di infortunio mortale di un lavoratore impegnato in mansioni di magazziniere e nello svolgimento di operazioni di stoccaggio.

 

Segnaliamo che per parlare di questa sentenza e, più in generale, delle attribuzioni di legge e degli aspetti giurisprudenziali connessi all’attività degli RLS abbiamo già recentemente pubblicato, tra gli altri, i seguenti articoli:

 

Considerando che la sentenza, al di là delle diverse posizioni e giudizi espressi, sta comunque rappresentando un interessante pretesto per utili riflessioni più generali sul tema del ruolo dell’RLS e dei doveri di prevenzione e protezione, ospitiamo oggi un contributo pubblicato sul numero 2/2023 di “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino, che è dedicato proprio a questi temi.

 

Ricordiamo che la rivista “ Diritto della sicurezza sul lavoro”, pubblicata online, presenta due fascicoli ogni anno e raccoglie contributi  scientifici  dedicati  specificamente  al  Diritto  della  salute  e  sicurezza  sul  lavoro con l’obiettivo di approfondire l’attività di  monitoraggio  della  legislazione e della giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro svolta dall’Osservatorio Olympus.

 

Nel presentare il contributo ci soffermiamo, in particolare, sui seguenti temi:

 

Sulla responsabilità penale del RLS: le parole e l’articolo 2087

Il contributo che presentiamo oggi – dal titolo “Per un dibattito sulla responsabilità penale del RLS” – raccoglie in realtà delle note introduttive con cui il Direttore della rivista - Paolo Pascucci, professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo - apre ed ospita “un dibattito tra gli studiosi del diritto della salute e della sicurezza sul lavoro su questa pronuncia” (la sentenza 38914) che, “a quanto consta, non ha precedenti”.

 

Pascucci ricorda che ‘le parole sono importanti’ e lo sono “tanto più quando compaiono scritte in atti pubblici che, come le sentenze della magistratura, esprimono un giudizio su comportamenti e fatti”.

 

Segnala poi che le sentenze “innanzitutto si rispettano. Ovviamente si possono anche commentare e finanche criticare”. Ma se il commento pretende di essere scientifico “occorre una specifica competenza, cosicché chi commenti scientificamente una sentenza penale non può non essere un attento conoscitore del diritto penale e della sua evoluzione, così come non può non conoscere lo specifico oggetto della sentenza”. E di norma se uno studioso del diritto del lavoro “non possiede tutte le competenze per commentare scientificamente a dovere una sentenza penale”, esiste, tuttavia, “una materia che, pur costituendo un ambito speciale del diritto penale, al tempo stesso rappresenta un naturale terreno di elezione del diritto del lavoro”. Infatti se il diritto della salute e della sicurezza sul lavoro “per un verso è costruito dal punto di vista normativo sulla base di categorie penalistiche (dalle posizioni di garanzia al principio di effettività, fino all’apparato sanzionatorio, essenzialmente penale), per altro verso fa necessariamente leva su concetti di chiara matrice giuslavoristica (dal datore di lavoro al dirigente, dai lavoratori ai loro rappresentanti), riferendosi ad ambiti (come l’impresa e le pubbliche amministrazioni, ma non solo) la cui attività si avvalgono essenzialmente dell’apporto del lavoro umano mediante le relazioni individuali e collettive che intercorrono tra chi dà lavoro e chi lo presta”.

Senza dimenticare – come ha fatto anche l’avvocato Dubini in conclusione di una recente intervista sul tema della formazione - che il principio che da più di ottant’anni ispira tutto il sistema prevenzionistico “si rinviene pur sempre nell’inossidabile previsione dell’ art. 2087 c.c.: una norma civilistico/lavoristica, assunta da sempre a cardine del sistema anche da parte della giurisprudenza penale”.

 

Sulla responsabilità penale del RLS: la direttiva e le attribuzioni

Partendo dalla “pertinenza al diritto del lavoro del tema della rappresentanza in tema di sicurezza sul lavoro”, Pascucci indica che comunque, al di là delle eventuali incompetenze penalistiche, può essere utile parlare di questa sentenza fermandosi soprattutto sulle parole utilizzate, nella sentenza stessa, ma anche nella normativa di riferimento.

 

A questo proposito l’autore ricorda che se l’art. 2, lett. i, del Decreto legislativo 81/2008, sulla scorta della direttiva 89/391/CEE, definisce ‘la persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro’ come ‘rappresentante dei lavoratori per la sicurezza’ “e non già – come scritto nella sentenza (presumibilmente per un refuso) – come ‘responsabile dei lavoratori per la sicurezza’, qualche motivo deve pur esserci”.

 

E il motivo – continua Pascucci - è semplicemente quello della “consapevolezza che la endemica debolezza individuale dei lavoratori nei confronti della controparte datoriale esige di essere bilanciata dalla presenza di un soggetto che, rappresentandone collettivamente gli interessi, ne renda più effettivo il diritto ad un ambiente salubre e sicuro, come emerge d’altronde a più riprese nella citata direttiva del 1989 che evoca praticamente sempre insieme ‘i lavoratori e i loro rappresentanti’”.

 

Inoltre se la stessa direttiva del 1989 – che afferma che i rappresentanti dei lavoratori ‘hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori’ – “identifica tale funzione esclusivamente nel rappresentare i lavoratori per i problemi citati, qualche motivo deve pur esserci. E il motivo è semplicemente che tale funzione – quanto mai importante e di per sé assai difficile da esercitare, come l’esperienza insegna ampiamente – non può essere confusa con alcun’altra”.

 

Se poi la stessa direttiva del 1989 “riconosce ripetutamente a tali rappresentanti esclusivamente diritti – come d’altronde accade nell’art. 50 del d.lgs. n. 81/2008, là dove il termine ‘attribuzioni’ evoca inequivocabilmente ‘diritti’ – e non ‘compiti’, come invece si dice ripetutamente nella sentenza (e questo non pare un refuso), qualche motivo deve pur esserci”. E il motivo è semplicemente che “il termine ‘compiti’ nel d.lgs. n. 81/2008 allude agli obblighi che esso impone a una serie di soggetti: in primis, quelli gravati di posizioni di garanzia”, oppure “altri soggetti non gravati di posizioni di garanzia, come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in ragione della loro funzione di consulenza diretta nei confronti del datore di lavoro”.

 

Se poi per un verso, il termine “compiti” tende a “ricomprendere sia veri e propri obblighi per lo più penalmente sanzionati, sia funzioni che, ancorché non sanzionate, sono comunque necessarie per l’efficientamento del sistema di prevenzione aziendale”, per altro verso “non pare dubbio che il termine ‘attribuzioni’ evochi il riconoscimento di diritti, poteri e facoltà e non di doveri, sanzionati o meno che siano” E per inciso – sottolinea il contributo – si sottolinea come il legislatore ponga “esplicitamente un dovere in capo al RLS solo in relazione al rispetto delle disposizioni sulla privacy e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel Duvri nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui venga a conoscenza nell’esercizio delle funzioni (art. 50, comma 6)”.

 

Sulla responsabilità penale del RLS: le sanzioni e la cooperazione colposa

In definitiva se il D.Lgs. 81/2008 “non ha previsto a carico del RLS alcuna sanzione non è solamente, come pure è evidente, perché in capo ad esso non vi sono posizioni di garanzia e doveri bensì solo attribuzioni, ma anche perché, dato il ruolo rappresentativo del RLS, la sua eventuale inefficienza può essere ‘sanzionata’ esclusivamente sul piano della sua legittimazione, mediante la revoca della fiducia da parte dei rappresentati. Così come, nel caso del RLST, la sua eventuale inefficienza, opportunamente segnalata dai lavoratori, può essere ‘sanzionata’ dagli organismi da cui esso promana”.

 

In definitiva considerando che la sentenza – “anche per l’evidente difficoltà di individuare una posizione di garanzia in capo al RLS – pare ricostruire la colpevolezza del RLS non tanto in base all’art. 40, capoverso, c.p., ai sensi del quale ‘non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo’, sarebbe comunque interessante capire se sia ammissibile parlare di cooperazione colposa ai sensi dell’art. 113 c.p. – ai sensi del quale ‘nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso’ – ove il soggetto non solo non abbia alcun obbligo giuridico in merito, ma non disponga neppure di alcun potere di intervenire direttamente sull’organizzazione aziendale, essendo invece titolare solo di prerogative e diritti”.

 

In altri termini – conclude il contributo – è interessante capire “se il mancato esercizio di tali diritti possa essere considerato un comportamento omissivo equivalente nei fatti alla mancata adozione delle cautele necessarie per tutelare la sicurezza dei lavoratori”.

 

E detto altrimenti: “sarebbe ammissibile intravvedere nei tipici strumenti di tutela collettiva del diritto sindacale, come il diritto di consultazione e gli altri diritti di partecipazione previsti dal d.lgs. n. 81/2008, anche doveri di prevenzione e protezione”? 

 

Ricordiamo ancora che quelli che Pascucci presenta sono solo alcuni spunti di riflessione che saranno approfonditi nella rivista “Diritto della Sicurezza sul Lavoro” e su cui, come giornale, torneremo nelle prossime settimane soffermandoci su altri contributi.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Università di Urbino Carlo Bo, Osservatorio Olympus, Diritto della sicurezza sul lavoro, “Per un dibattito sulla responsabilità penale del RLS”, a cura di Paolo Pascucci, professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo, Diritto della Sicurezza sul Lavoro (DSL) n. 2/2023.

 

 

Scarica la sentenza citata nell’articolo:

Corte di Cassazione Penale Sezione I - Sentenza n. 38914 del 25 settembre 2023 (u.p. 27 aprile 2023) - Pres. Di Salvo – Est. Dawan – PM Ceroni - Ric. (omissis). - Risponde il RLS, in concorso con il datore di lavoro, dell’infortunio di un lavoratore se ha omesso di promuovere l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori.

 


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