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13.05.2024

Quando il preposto individuato non ha le competenze necessarie

Perché occorre verificare attentamente che i soggetti individuati come preposti siano realmente competenti, capaci e idonei a svolgere tale delicato ruolo nella specifica e concreta situazione aziendale in cui sono chiamati a vigilare.

 

Credo che nella fase attuale che stiamo vivendo in cui le organizzazioni stanno impiegando (opportunamente) le proprie risorse ed energie per rispondere ai sempre più pressanti obblighi di vigilanza sull’attività dei lavoratori contenuti nel D.Lgs.81/08, così come modificato e integrato dalla Legge 215/2021, sia utile porsi due ordini di domande.

La prima è la seguente: siamo certi che gli incarichi di supervisione e vigilanza che si stanno conferendo all’interno delle aziende (per dare attuazione in maniera capillare ed efficace all’obbligo di vigilanza previsto anzitutto dall’art.18 c.1 lett.f) D.Lgs.81/08), con i successivi atti di individuazione dei preposti ai sensi dell’art.18 c.1 lett.b-bis) del medesimo decreto, stiano ricadendo su persone che abbiano davvero le necessarie competenze?

La seconda: a chi verranno ricondotte le eventuali responsabilità penali in caso di infortunio o malattia professionale che siano stati causati da una carenza di vigilanza da parte del preposto, laddove quest’ultimo non abbia adeguate competenze?

 

Procediamo per gradi.

 

Sul concetto di “competenza” non ritengo sia necessario fare alcuna premessa, perché penso che il relativo significato giuridico non sia molto distante dall’accezione di tale termine sotto il profilo organizzativo e gestionale (e finanche sistemico) di cui gli operatori del settore hanno normalmente una profonda conoscenza e padronanza.

 

Partiamo quindi dagli elementi che l’ordinamento giuridico nel suo complesso ci fornisce per tentare di dare una risposta alle due questioni inziali che ci siamo poste.

 

Come noto, il Testo Unico definisce il preposto come la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa” (art.2 c.1 lett.e) D.Lgs.81/08).

 

Dunque, il preposto, secondo la normativa di salute e sicurezza, è tenuto a garantire l’attuazione delle direttive ricevute da un lato “nei limiti dei poteri” detenuti ed esercitati e, dall’altro, “in ragione delle competenze professionali” di cui è in possesso, le quali, a monte, hanno peraltro giustificato il conferimento di un incarico che comporta l’effettuazione della vigilanza a tale soggetto.

 

Guardando alla giurisprudenza, poi, come osservato dalla Suprema Corte con riferimento alla definizione di preposto prevista dal D.Lgs.81/08, “si tratta di una definizione di carattere generale che subisce eventuali specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell’azienda, la sua concreta pianificazione e le sue dimensioni.

In un’organizzazione di una certa complessità persone, con diverse competenze, sono chiamate a ricoprire i ruoli in questione. Nell’ambito dello stesso organismo, quindi, può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti.” Cassazione Penale, Sez.IV, 12 settembre 2019 n.37763).

Occorre da subito fare una considerazione: credo che ad oggi nessuno possa nutrire alcun dubbio sul fatto che sia interesse precipuo del datore di lavoro e dei dirigenti, quali soggetti su cui grava l’obbligo originario della vigilanza in tutte le sue declinazioni (art.18 c.1 lett.b-bis), lett.f), lett.bb) e c.3-bis D.Lgs.81/08) fare in modo e garantire che il preposto abbia le competenze necessarie per svolgere adeguatamente il proprio ruolo in una situazione data e, quindi, come vedremo, che abbia un reale “potere” di incidere inteso come una “concreta facoltà” di esercitare tale funzione.

 

Per giurisprudenza consolidata, infatti, “conferma la stretta interconnessione tra la scelta dei collaboratori diretti per le funzioni più strategiche e rilevanti e la vigilanza sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate il principio affermato da questa Corte in forza del quale, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive” Cassazione Penale, Sez.IV, 8 giugno 2021 n.22262).

 

Fatta tutta questa premessa, andiamo ad approfondire.

 

Una sentenza molto recente, emanata il mese scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 15 febbraio 2024 n.6790), ha gettato una importante luce sul tema delle competenze del preposto.

 

In questo caso, la Suprema Corte ha confermato la condanna di un datore di lavoro per il delitto di lesioni personali colpose in danno di un lavoratore.

 

La linea difensiva dell’imputato, nei precedenti gradi di giudizio, era basata sulla circostanza che lui aveva incaricato un apprendista come preposto e quindi, nel caso di specie, aveva per il suo tramite adempiuto al proprio obbligo di vigilanza sull’attività del lavoratore.

 

Dopo essere stato condannato in primo grado e in appello, tale datore di lavoro aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo che “nella decisione della Corte territoriale la ritenuta inidoneità dell’apprendista […] allo svolgimento dei compiti di preposto alla sicurezza sarebbe stata illegittimamente e irragionevolmente inferita dalla sola qualifica giuslavoristica da costui rivestita, posto che l’equiparazione inidoneità-apprendistato non è normativamente sancita e, nei fatti, risulterebbe smentita dalla documentazione riversata in atti dalla difesa (lettera di assunzione del predetto, sua designazione quale preposto alla sicurezza e attestato di frequenza al corso “Modulo aggiuntivo per preposti”).”

 

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato, confermandone la condanna.

 

Secondo la Corte, infatti, “i giudici di seconde cure [la Corte d’Appello, n.d.r.], alla stregua di quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado, sono legittimamente giunti alla conclusione che il menzionato … - designato dal datore di lavoro quale preposto alla vigilanza sull’osservanza degli obblighi di legge da parte dei lavoratori - fosse persona del tutto priva di specifiche competenze, che si limitava, di fatto, a veicolare, sul cantiere, le direttive afferenti allo svolgimento dei lavori, impartite dall’odierno ricorrente A. o da suo padre.”

 

E - prosegue la Suprema Corte - “tale conclusione, basata sull’inidoneità del preposto come concretamente accertata in esito alla sua audizione, piuttosto che sulla qualifica di apprendista formalmente rivestita, rende evidente l’assenza, in capo al predetto, di efficaci poteri impeditivi di eventi lesivi in danno dei lavoratori, giustificando, ad un tempo, l’affermata responsabilità del datore di lavoro, in aderenza al consolidato insegnamento della Suprema Corte, secondo cui “In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi” (così: Sez.4, n.12251 del 19/06/2014, dep.24/03/2015, De Vecchi e altro, Rv.263004-01).”

 

In buona sostanza la Corte di Cassazione, richiamando quest’ultimo principio giurisprudenziale sul tema dei poteri e ponendolo in relazione alle competenze di cui il preposto nel caso di specie era privo, ha implicitamente affermato che il possesso o meno delle competenze necessarie da parte del preposto è una variabile atta ad incidere, più ampiamente, sul tema stesso della sussistenza dei poteri (impeditivi) in capo a tale soggetto.

 

In questo caso, dunque, la Cassazione ha confermato la “rilevanza causale della condotta colposa del datore di lavoro, chiamato - come detto - a rispondere, sul piano penale, del sinistro occorso al lavoratore per aver, a monte, designato, in maniera imprudente e negligente, un preposto privo delle necessarie capacità professionali e, pertanto, inidoneo a svolgere, in sua vece, i richiesti compiti di vigilanza e per avere poi, in prima persona, quale soggetto in concreto obbligato all’espletamento di detta attività per effetto della previa designazione inidonea, omesso l’adozione di iniziative valevoli a impedire il verificarsi dell’evento, consentendo o, comunque, non impedendo, ancorché ne avesse la possibilità e, prim’ancora, l’obbligo, che all’effettuazione dell’operazione durante la quale ebbe a verificarsi il sinistro attendesse un prestatore d’opera privo delle richieste competenze.”

 

Il tema trattato da questa significativa sentenza - ovvero quello del possesso o meno da parte del preposto delle competenze necessarie - è strettamente collegato a quello della rimproverabilità di una condotta attiva od omissiva a tale soggetto e, quindi, a quello della colpa penalisticamente intesa.

 

Detto in parole povere: fino a che punto si può rimproverare ad un preposto di aver omesso di vigilare correttamente laddove questi non abbia le competenze necessarie (complessivamente intese)?

E’ chiaro che occorrerà fare delle valutazioni caso per caso, analizzando le variabili (in termini di causalità e di colpa) che hanno inciso di volta in volta sulla produzione dell’evento lesivo.

Ma, ciò detto, ci è permesso comunque di fare qualche riflessione di ordine un po' più generale.

 

In un caso giurisprudenziale Cassazione Penale, Sez.IV, 13 gennaio 2021 n.1096) in cui un preposto di un supermercato (che ne sostituiva temporaneamente un altro) è stato assolto in quanto era stato incaricato di svolgere tale funzione di vigilanza da soli cinque giorni rispetto alla verificazione dell’infortunio, la Suprema Corte si è soffermata sul cosiddetto “principio di esigibilità”, ricordando che “la colpa ha, infatti, un versante oggettivo, incentrato sulla condotta posta in essere in violazione di una norma cautelare, e un versante di natura più squisitamente soggettiva, connesso alla possibilità dell’agente di osservare la regola cautelare.”

 

 

In tal senso, “il profilo soggettivo e personale della colpa viene generalmente individuato nella possibilità soggettiva dell’agente di rispettare la regola cautelare, ossia nella concreta possibilità di pretendere l’osservanza della regola stessa: in sostanza, nell’esigibilità del comportamento dovuto. Si tratta di un aspetto che si colloca nell’ambito della colpevolezza, in quanto esprime il rimprovero personale rivolto all’agente.”

 

Ed è interessante notare che, come sottolineato dalla Cassazione, “a questo profilo della responsabilità colposa la riflessione giuridica più recente ha dedicato molta attenzione, nel tentativo di personalizzare il rimprovero dell’agente attraverso l’introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell’oggettiva violazione di norme cautelari ma anche della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali e la situazione di fatto in cui ha operato”.

 

Il principio di esigibilità, al di là della specifica situazione fattuale a fronte della quale è stato richiamato nella sentenza da ultimo citata, ha evidentemente molto a che fare anche con la questione relativa alla presenza o carenza o totale assenza di adeguate competenze in capo al preposto (con riferimento, ovviamente, alla cosiddetta “area di rischio” che questi, in ciascuna specifica organizzazione aziendale, è chiamato a governare).

 

Vorrei concludere citando in maniera estremamente sintetica altre due pronunce della Suprema Corte.

 

In Cassazione Penale, Sez.IV, 15 novembre 2018 n.51530anzitutto, la Corte ha confermato la condanna di un datore di lavoro per le “gravi lesioni e fratture riportate dai lavoratori dipendenti L.M. e G.T., precipitati dall’altezza di sei metri mentre lavoravano sulla copertura di un tetto, dopo che si era sfondate alcune lastre”, avendo l’imputato “consentito che i due, il giorno dell’infortunio, lavorassero in quota provvisti sì - dell’imbracatura ma non assicurati alle linee-vita”.

 

In particolare, è stato precisato “nelle sentenze di merito che il capocantiere e responsabile della sicurezza, G.B., era assente da giorni e che non era stato rimpiazzato da alcuno; alla richiesta della A.S.L. successiva all’infortunio, la ditta il 10 luglio 2012 trasmetteva un documento con la nomina proprio dell’infortunato G.T., che, però, risultava non avere competenze adeguate.”

 

Infine, nel caso trattato da Cassazione Penale, Sez.IV, 19 giugno 2019 n.27210il datore di lavoro di una ditta appaltatrice aveva conferito una vera e propria delega di funzioni al preposto.

Tuttavia, tale delega è risultata essere non valida principalmente a causa dell’inesperienza del delegato e in ogni caso il preposto stesso, anche in quanto tale e quindi nel suo ruolo diretto (al di là della delega), risultava privo dei requisiti necessari.

 

Nello specifico, la Corte qui ha confermato la condanna - per lesioni personali colpose a seguito dell’infortunio occorso ad un lavoratore - di V.M.D. “in qualità di legale rappresentante della società datrice di lavoro, per avere delegato, quale preposto alla sicurezza sul cantiere, un soggetto professionalmente inadeguato (C., neolaureato, privo di altre esperienze di lavoro, che non era tenuto neppure alla presenza quotidiana sul cantiere), per aver organizzato e ripartito il lavoro e le competenze in maniera negligente e poco trasparente, “creando incertezza su chi fosse investito di fondamentali responsabilità prevenzionistiche” (p.14 sentenza primo grado); per non aver vigilato sull’adempimento dei compiti da parte del preposto alla sicurezza C., il quale “nell’ultimo periodo .. si occupava sempre meno persino di partecipare alle riunioni inerenti la sicurezza convocate dal coordinatore della sicurezza, cui faceva partecipare il giovane collaboratore A.R.”.”

 

 

I Giudici hanno ricondotto “la violazione della regola cautelare di cui all’art.146 del d.lgs.n.81 del 2008 proprio alla inefficiente organizzazione aziendale, che aveva condotto al conferimento della delega ad un soggetto del tutto inesperto, ed alla omessa vigilanza sull’attività del preposto, peraltro, privo degli adeguati requisiti.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n. 37763 del 12 settembre 2019 - Infortunio mortale del dipendente del Ministero della Difesa in servizio presso l'Arsenale della Marina Militare e responsabilità del preposto. Percorso motivazionale da rivedere

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n.22262 del 8 giugno 2021 - Responsabilità del direttore tecnico di cantiere e procuratore con delega per il cedimento di una lastra di eternit in assenza di ancoraggio. Preposto negligente: obbligo di controllo e di sostituzione.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n.6790 del 15 febbraio 2024 - Infortunio durante lo smontaggio di un elevatore. Apprendista designato preposto: risponde il datore di lavoro se il preposto è inidoneo.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 1096 del 13 gennaio 2021 (u. p. 8 ottobre 2020) - Pres. Piccialli – Est. Dawan – P.M. Fodaroni - Ric. V.F.. - Non può essere ascritto al preposto una eventuale condotta omissiva per non avere rispettato gli obblighi di sicurezza sul lavoro laddove non si abbia la certezza che fosse a conoscenza di una prassi elusiva o che l'avesse colposamente ignorata.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 51530 del 15 novembre 2018 (u.p. 18 ottobre 2018) - Pres. Piccialli – Est. Cenci - P.M. Lignola - Ric. F.R.. - Qualora il capocantiere sia assente sul luogo di lavoro deve essere ascritta a colpa del datore di lavoro la mancata previsione della sua assenza, anche eventualmente con la personale e diretta assunzione del suo compito di controllo e sorveglianza.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 27210 del 19 giugno 2019 - Omesso controllo della chiusura della soletta e caduta. La delega di funzione non esclude l'obbligo di vigilanza sull'attività del preposto, peraltro privo degli adeguati requisiti




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