27.10.2025
Quali ricadute concrete ha l’inquadramento del noleggio con o senza operatore nel contratto di locazione e non di appalto, come si distribuiscono le responsabilità nel nolo a freddo e a caldo e chi deve tutelare l’addetto all’attrezzatura.
Sugli obblighi del noleggiatore in ordine alla funzionalità e alla sicurezza delle attrezzature di lavoro fornite ad un datore di lavoro ai sensi dell’art.23 e del Titolo III del D.Lgs.81/08, mi sono già soffermata in un recente contributo, al quale rinvio (“ Le responsabilità di chi vende, noleggia o concede in uso attrezzature”, pubblicato su Puntosicuro del 17 luglio 2025 n.5893).
Vorrei qui dare seguito a tale analisi, approfondendo la tematica relativa alla distribuzione delle responsabilità in caso di noleggio di attrezzature di lavoro con operatore o senza operatore (fenomeno comunemente denominato - rispettivamente - nolo a caldo e nolo a freddo), a partire da una interessante sentenza di Cassazione Penale emanata due mesi fa.
Prima di esaminare nel dettaglio tale pronuncia, però, è da subito importante inquadrare correttamente l’istituto giuridico del noleggio di attrezzature, che è riconducibile - in ambo le ipotesi di nolo a caldo e a freddo - al contratto di locazione definito dall’art.1571 del codice civile, ai sensi del quale “la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.”
Già da tempo risalente (cito qui - una per tutte - Cassazione Penale, Sez.IV, 5 giugno 2009 n.23604), peraltro, la Corte ha avuto modo di esplicitare la natura giuridica del noleggio di un bene, precisando che “nel nostro ordinamento positivo non esiste la figura del noleggio come contratto tipico, se non con riferimento al diritto della navigazione, laddove all’art.384 viene disciplinato il noleggio di una nave da parte di un armatore” nonché chiarendo che, come già anticipato, “in realtà tale tipo di figura contrattuale rientra nell’alveo del contratto di locazione disciplinato dagli artt.1571 c.c. e ss.”
E’ interessante il fatto che già nel 2009 (anno al quale risale la pronuncia su citata) la Suprema Corte aveva osservato che il nolo di attrezzature a caldo o a freddo “di recente ha trovato notevole sviluppo, per la convenienza degli imprenditori a disinvestire in macchinari di cui non fanno uso continuativo, ma solo saltuario”.
Dopo aver distinto tra il “nolo a freddo” e il “nolo a caldo”, sulla base del criterio secondo cui “con il primo viene locato il solo macchinario; con il secondo oltre al macchinario, il locatore mette a disposizione dell’imprenditore anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel suo utilizzo”, la Cassazione aveva avuto modo di evidenziare che, “anche in tale caso [di nolo a caldo, n.d.r.], comunque, il lavoro si presenta con carattere di accessorietà rispetto alla prestazione principale costituita dalla messa a disposizione del bene.”
In virtù delle considerazioni svolte finora (e come approfondiremo oltre, esaminando la sentenza da poco emanata), è dunque assolutamente errato assimilare l’istituto giuridico del nolo a caldo al contratto d’appalto, essendo quest’ultimo il “contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” (art.1655 c.c.) e, di conseguenza, è altrettanto errato applicare l’art.26 del D.Lgs.81/08 al nolo a caldo.
Fatte tali fondamentali premesse, prendiamo ora in considerazione la recente Cassazione Penale, Sez.IV, 21 luglio 2025 n.26595, con cui la Corte ha confermato la condanna di A., quale rappresentante della ditta individuale Impresa Boschiva A., per il reato di omicidio colposo ai danni del lavoratore C.
In particolare, era accaduto che “la ditta dell’imputato aveva ricevuto l’incarico - dal legale rappresentante dello Stabilimento Militare P. - di provvedere al taglio e alla potatura delle piante ad alto fusto collocate sul viale d’accesso al sito di F.”
In virtù di tale affidamento di lavori, l’imputato A. “si era accordato con C. per il noleggio dell’autocarro Iveco dotato di ponte sviluppabile, c.d. “cestello”, di proprietà di B., moglie del C. e titolare dell’omonima ditta individuale.”
Si era così verificato che, durante il taglio del ramo di un platano lungo circa 14 metri e del peso di 90 kg, “il ramo era precipitato dall’altezza di 10 metri sulla postazione a terra dove si trovava il C., il quale, a seguito dell’impatto, era successivamente deceduto.”
La Corte d’Appello, una volta “accertata la presenza del A. sul luogo dell’incidente quale titolare della ditta appaltatrice e “capocantiere per il coordinamento dei lavori””, aveva “addebitato al prevenuto la violazione della procedura operativa prevista nel POS (Piano Operativo di Sicurezza) e nel DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze, v. art.26 D.Lgs.81/2008)”.
Per quanto concerne il contratto di appalto di lavori tra lo Stabilimento Militare e l’imputato A., viene precisato dalla sentenza che “nel POS siglato dal A. e dall’RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) dello stabilimento militare (H.) era prevista la presenza in cantiere degli operai F. e I., nonché del A., quale direttore tecnico di cantiere, capocantiere e preposto” e che, “in seguito, anche il C. era stato autorizzato all’accesso in stabilimento.”
Ad A. era stato addebitato, più in particolare, di aver omesso di delimitare la zona di pericolo, di aver mancato di definire la direzione di abbattimento in area posteriore rispetto a quella di effettiva caduta, nonché di aver omesso di azionare il cestello dalla postazione di comando in quota invece che in quella di emergenza a terra, dove si trovava l’infortunato.
Occorre aggiungere che, secondo i Giudici di merito, “l’imputato non aveva verificato la sussistenza di una specifica competenza del C. nel condurre la piattaforma elevabile, avendo omesso di acquisire documentazione attestante la formazione del dipendente della ditta B.”
Nel ricorrere in Cassazione, la difesa di A. ha eccepito che “l’imputato, quale committente di un noleggio di automezzo con operatore, non assume nei riguardi dell’impresa locatrice gli obblighi di protezione contestati” dal momento che, “trattandosi di “ nolo a caldo”, l’azienda noleggiatrice non è qualificabile come impresa esecutrice e il soggetto gravato della posizione di garanzia rispetto alla medesima azienda è lo stesso operatore addetto al mezzo noleggiato.”
In pratica, nel suo ricorso, A. ha sostenuto che “il contratto intercorso tra il C. ed il A. debba essere qualificato come nolo “a caldo”, con la conseguenza che l’imputato non potrebbe essere ritenuto garante del C. nell’ambito delle manovre adottate da quest’ultimo con il mezzo oggetto di noleggio.”
La Cassazione ha rigettato il ricorso.
A parere della Suprema Corte, “pur ammessa l’ipotesi del nolo “a caldo”, erroneamente esclusa dalla Corte di appello solo per l’assenza di contratto scritto, va rilevato che ciò non esclude affatto l’instaurarsi di una posizione di garanzia dell’imputato rispetto all’attività svolta dal C.”
La Corte evidenzia infatti, a questo proposito, che “il richiamo alla violazione dell’art.26 del D.Lgs.n.81/2008, peraltro riportato anche nel capo di imputazione, appare ultroneo [eccessivo, non pertinente, n.d.r.], perché nella specie è pacifico che la ditta dell’imputato stava operando come unica ditta appaltatrice nell’ambito di un cantiere di lavoro in cui si stava eseguendo la potatura di alberi ad alto fusto.”
In tale contesto, “l’attività del C., per mezzo del nolo della piattaforma elevatrice, si inserisce nella stessa attività della ditta esecutrice, con conseguente esigenza di (far) rispettare (ex art.19 D.Lgs.n.81/2008) tutte le norme di sicurezza previste dal POS della “Impresa Boschiva” anche con riferimento alle operazioni demandate al C.”
Va da sé che, “in relazione all’incidente occorso, non si può parlare di una situazione di “rischio interferenziale”, atteso che in tale nozione non rientrano i rischi specifici propri dell’attività della singola impresa, di competenza del datore di lavoro”.
A questo proposito, la Suprema Corte sottolinea che “nello specifico l’attività del C. si inserisce pienamente nell’attività deputata alla ditta dell’imputato, collaborando a tutti gli effetti con i dipendenti della “Impresa Boschiva” nella esecuzione delle operazioni di taglio e potatura, collocandosi così a pieno titolo nell’alveo della organizzazione del lavoro proprio dell’impresa riconducibile al A.”
Dunque, “in altri termini, non vi è interferenza derivante dallo svolgimento, da parte di più imprese, di attività fra loro autonome, ma un’unica attività demandata alla ditta dell’imputato, il quale si avvale del macchinario preso a noleggio per lo svolgimento di una attività comportante rischi specifici.”
Peraltro, “è pacifico che il rischio di caduta incontrollata dei rami oggetto di taglio fosse specificamente previsto nel DVR della “Impresa Boschiva”, la cui attività di taglio e potatura degli alberi costituiva attività tipica dell’impresa.”
Per quanto concerne l’attività di C., la Corte chiarisce che, “nel caso di specie, non assume particolare rilevanza il profilo di “ culpa in eligendo” menzionato dai giudici di merito, i quali hanno addebitato all’imputato, fra le altre cose, l’omessa verifica della competenza specifica del C. nel manovrare il carrello elevatore, in relazione alla pericolosità dei lavori affidati; né la circostanza che il contratto per il noleggio “a caldo” della piattaforma non sia stato formalmente redatto e sottoposto alla B. [moglie di C. e titolare della ditta, n.d.r.]”.
Infatti, come precisato dalla Suprema Corte, “è indubbio che la figura contrattuale del noleggio del macchinario (nelle due ipotesi di c.d. “nolo a freddo” e “nolo a caldo”, vale a dire, rispettivamente, senza e con operatore fornito dal noleggiatore) comporti alcune questioni sul piano dell’applicazione della normativa prevenzionistica di cui al D.Lgs.n.81/2008 (al di là dell’evidente obbligo, da parte del noleggiatore/fornitore, di garantire funzionalità e sicurezza del macchinario ex art.23 D.Lgs. 81/2008).”
Dopo aver ribadito che “tale figura contrattuale rientra nell’alveo del contratto di locazione disciplinato dagli artt.1571 cod. civ. e segg.”, la Cassazione distingue tra le due ipotesi.
Secondo la Corte, anzitutto, “nell’ipotesi di “nolo a freddo”, la giurisprudenza ritiene che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il soggetto titolare dell’impresa che noleggia macchinari non ha l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione che l’appaltatore di lavori deve adottare in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto non assume, nei confronti di questi ultimi, una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all’ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare, non esercitando alcuna attività produttiva (Sez.4, n.22717 del 22/04/2016, Camera, Rv.266977-01; Sez.4, n.23604 del 05/03/2009, Cossi, Rv.244216-01).”
Dall’altra parte, la Cassazione riconosce che è certamente “più problematica, sul piano antinfortunistico, l’ipotesi di “nolo a caldo”, in cui il noleggiatore mette a disposizione dell’imprenditore/noleggiante non soltanto un macchinario ma anche un proprio dipendente, avente specifica competenza nel suo utilizzo; quindi, un ulteriore lavoratore, rispetto al quale si pone la questione di stabilire a chi spetti l’obbligo di tutela e protezione di cui è indubbiamente destinatario, come qualsiasi altro lavoratore.”
A questo proposito la sentenza specifica che, “al riguardo, appare rilevante la distinzione tra “nolo a caldo” e contratto di appalto (artt.1655 cod. civ. e segg.): nell’appalto, l’appaltatore si impegna con il committente a compiere un’opera (o un servizio) ed a tal fine deve organizzare autonomamente, ed a proprio rischio, i mezzi di produzione ed il lavoro; nel “nolo a caldo”, invece, il locatore mette solo a disposizione il macchinario e l’addetto al suo utilizzo, senza alcuna ingerenza nell’attività produttiva e nell’organizzazione dell’impresa locataria.”
Da tutto ciò “discende che, nel contratto di noleggio propriamente detto, non essendovi alcuna attività autonoma da parte del locatore rispetto all’attività svolta dall’impresa locataria, il primo risponderà solo delle conseguenze dannose derivanti dall’inosservanza delle norme antinfortunistiche relative all’utilizzo del macchinario noleggiato (Sez.4, n.38071 del 07/07/2016, Pesolillo, Rv.267881-01); per il resto, invece, l’impresa esecutrice/locataria che utilizzi nella propria organizzazione lavorativa il macchinario e il dipendente ad esso addetto, fornito dal locatore, avrà nei confronti dell’operatore alieno gli stessi obblighi di tutela che ordinariamente assume nei confronti dei propri lavoratori, compatibilmente con le particolari condizioni di utilizzo della sua prestazione ed in relazione agli specifici rischi connessi all’attività lavorativa svolta.”
E’ fondamentale tenere conto, dunque, che “nel tipico rapporto di “nolo a caldo” siamo al di fuori della previsione dell’art.26 D.Lgs.81/2008: il noleggiatore si limita a concedere in locazione un’attrezzatura di lavoro manovrata da un suo addetto, senza ingerirsi in alcun modo nell’attività dell’impresa conduttrice, la quale si avvale dell’attrezzatura in questione per la realizzazione della sua attività produttiva in assoluta autonomia e con piena gestione dei relativi rischi, garantendo la sicurezza di ogni addetto alla produzione, ivi compreso quello fornito dal noleggiatore.”
Di conseguenza, “entro tali limiti, in definitiva, non si pone un rischio di interferenza fra l’attività della ditta locatrice del macchinario rispetto a quella locataria, proprio perché in tale ambito la prestazione del noleggiatore non è indipendente ma si inserisce nell’organizzazione altrui ai fini della realizzazione di un’opera; sicché in tale ipotesi non scattano gli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, previsti dall’art.26 D.Lgs.9 aprile 2008, n.81”.
Nel caso di specie, pertanto, “il A., nella sua qualità, ha omesso di attuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto” sottoscritto con lo Stabilimento Militare P., dal momento che “è stato accertato che il medesimo ha omesso di sovrintendere alla corretta esecuzione dei lavori di taglio e potatura, in ottemperanza alle disposizioni prevenzionali contenute nel POS, specificamente orientate a scongiurare il rischio di eventi dannosi tipici dell’attività svolta dalla “Impresa Boschiva”.”
Da tutto ciò deriva il principio secondo cui “la sottoscrizione di un contratto qualificato come “nolo a caldo” non può comportare l’esonero di responsabilità dell’impresa appaltatrice, la quale è comunque tenuta a far osservare le prescrizioni dettate nei documenti sottoscritti per l’esecuzione dei lavori in sicurezza, anche nei confronti dell’operatore alieno addetto al macchinario noleggiato.”
In conclusione, poiché “è stato accertato che la persona offesa era esposta alla stessa situazione di rischio dei lavoratori che stavano eseguendo la potatura dei rami”, la Corte ritiene che “l’imputato avrebbe dovuto sovrintendere alla corretta esecuzione di tale attività, vigilando sulla osservanza da parte (anche) del C. delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro già individuate nel POS ma in concreto non rispettate, né fatte rispettare dall’imputato, nella sua qualità di datore di lavoro, capocantiere, direttore tecnico e preposto.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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