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12.08.2019

 
Se alcune stime recenti hanno sottolineato che in Europa le malattie correlate al lavoro causano circa 200.000 decessi l’anno, con un costo stimabile nell’Unione Europea (UE) e per malattie e infortuni professionali in circa 476 miliardi di euro, è importante rilevare che il settore sanitario è uno dei più grandi settori occupazionali. Questo settore occupa circa il 10% dei lavoratori dell’Unione europea e le donne rappresentano circa il 77% della forza lavoro.
 
In relazione al tema delle malattie professionali nella UE “la percentuale di lavoratori che riferiscono di compiere operazioni di trasporto o movimentazione di carichi, pur in diminuzione, continua a rimanere alta (34,5%) e raggiunge il 38% nei 10 nuovi Stati membri”.
Dunque i disturbi muscoloscheletrici degli arti superiori e del collo (DMAS) “rappresentano la forma di malattia professionale più diffusa in Europa, responsabile del 45% e più di tutte le malattie professionali”. Per tali disturbi, “si registra il secondo tasso più elevato di incidenza tra le patologie correlate al lavoro, subito dopo il settore edilizio”.
 
A occuparsi delle malattie professionali nel settore sanitario e a fornire alcune informazioni e dati utili per implementare idonee strategie di prevenzione è una recente scheda informativa che studia le relazioni tra le malattie professionali e le attività svolte dai lavoratori.
 

Le malattie professionali più diffuse nel comparto sanità

Nella scheda n.3 dal titolo “Le malattie professionali nella sanità” - a cura di P. Montanari, A. Papale, D. De Santis e G. Campo (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), M. Presto (Asl Roma 4 - U.O.C. Servizio Pre.S.A.L.) – si ricorda che il personale operante in ambito sanitario “è esposto a diversi rischi durante lo svolgimento delle attività quotidiane, quali il sovraccarico biomeccanico, le posture incongrue, i movimenti scoordinati e/o ripetuti”. In particolare, le posture scorrette vengono “spesso assunte nell’assistenza al letto del paziente, ma anche in ambito chirurgico o durante le attività di laboratorio”.
 
Inoltre in alcune circostanze “i lavoratori sono esposti anche a rischi legati all’utilizzo di sostanze chimiche(disinfettanti, gas anestetici, detergenti, ecc.) oltre che a medicamenti che, soprattutto in sede di preparazione, possono entrare in contatto con la pelle o penetrare nelle vie respirtorie e provocare reazioni locali o sistemiche, come le malattie cutanee, più spesso di origine tossico-irritativa che non allergica, affezioni nasali, patologie sinusali, oculari e asma”. Senza dimenticare che l’impiego di alcuni strumenti di lavoro, quali aghi, siringhe, bisturi, “comporta un rischio di puntura o taglio con possibile trasmissione ematica di agenti biologici quali il virus HIV e il virus dell’epatite B”.
 
Altri potenziali rischi sono poi rappresentati dalle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. E “il lavoro a turni, il cambiamento di ritmi di lavoro, il lavoro notturno, i fattori organizzativi e i rapporti con i colleghi possono essere fonte di stress e altre patologie professionali”.
Si segnala anche che nelle strutture sanitarie l’esposizione ai rischi lavorativi riguarda non solo il personale sanitario (medici, infermieri, ecc.), ma anche il “personale di supporto e tecnico, nonché una vasta gamma di professionisti, compresi i laboratoristi e gli anestesisti, i tirocinanti, gli apprendisti, i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori somministrati e gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria”. E anche gli addetti alle pulizie “sono esposti a pericoli e rischi che variano in funzione dello specifico luogo di lavoro”.
Nella scheda sono riportate alcune indicazioni tratte da ricerche e spunti normativi in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (D.Lgs. 19/2014). 
 

I dati e l’associazione tra comparto sanità e malattie

Rimandiamo alla lettura integrale della scheda che riporta numerose tabelle e dati relativi al contesto italiano, ad esempio ricordando che nel settore della sanità “la quota maggiore delle malattie professionali denunciate in complesso interessa l’apparato muscoloscheletrico ed osteoarticolare (circa il 60% riguarda le dorsopatie, il 30% i disturbi dei tessuti molli) e la percentuale è ancora superiore se riferita alla componente femminile (ben oltre il 90%). Più in dettaglio, circa il 50% delle denunce riguardanti il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo attiene a problemi legati ai dischi intervertebrali (4.290 su 8.033 nel quinquennio 2013 - 2017)”. 
E concentrando l’attenzione sulle segnalazioni con nesso causale positivo tra esposizione e patologia, sempre nel settore sanità, si evince “che circa il 70% dei casi riguarda il gruppo delle patologie muscoloscheletriche, di cui oltre i 2/3 attiene a problemi legati al rachide, il 7,0% riguarda la sindrome del tunnel carpale e il 6,6% le malattie della pelle (percentuale che sfiora il 9% tra gli uomini)”.
 
Allo scopo di fornire indicazioni sull’associazione tra il comparto sanità e le diverse malattie, è stato poi utilizzato il Proportional Reporting Ratio (PRR), “un indicatore che può essere applicato ai dati del sistema Malprof, grazie alla caratteristica anamnestica di tale sistema”. Il PRR “rapporta il peso della patologia in esame sul totale delle patologie nel settore sanità con il corrispondente peso nei restanti settori Ateco”.
 
Riprendiamo dalla scheda una tabella che riporta le “malattie con PRR maggiore di 1, che rappresentano un campanello di allarme in merito a possibili esposizioni lavorative”. 
 

 
La scheda indica che dalla tabella si evince come la sanità “sia un settore notevolmente più associato, rispetto agli altri settori, ad alcune patologie che presentano in assoluto un numero ridotto di casi, quali le acariasi (PRR = 181,50) e l’orticaria (PRR = 34,95).
 
In particolare la forte associazione con l’acariasi “è dovuta alle frequenti occasioni di contatto e quindi di trasmissione di parassiti tra pazienti infetti o portatori e operatori sanitari, che possono fare da tramite per altri pazienti o contrarre essi stessi l’infezione”.
Inoltre negli ambienti sanitari “sono presenti numerosi agenti capaci di scatenare manifestazioni morbose di tipo allergico (orticaria da contatto, riniti allergiche, asma e dermatiti da contatto). I principali agenti allergizzanti presenti in ambiente sanitario sono, tra gli agenti chimici, i detergenti, i disinfettanti e alcuni farmaci. Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato dagli acari della polvere che possono annidarsi in coperte, cuscini, materassi. I guanti in lattice rappresentano attualmente il fattore di rischio di patologia allergica più rilevante in ambito sanitario”.
Il lattice – “contenuto anche in diversi manufatti di comune utilizzo in ospedale (cerotti, contagocce, tappi dei flaconi di farmaci, componenti di siringhe, lacci emostatici, cateteri vescicali, cateteri per clisteri, palloni AMBU, bracciale dello sfigmomanometro, ecc.)” – “in chi è sensibilizzato a tale materiale, può causare sintomi immediati, cioè entro un’ora dal contatto, oppure ritardati, entro 24 - 72 ore dal contatto”. 
La scheda riporta poi indicazioni relative ad altre patologie emergenti nel settore, ad esempio con riferimento allo stress lavoro-correlato e al burnout.
 

La valutazione e le misure di prevenzione

In definitiva, come abbiamo visto, le malattie professionali più frequenti nel settore sanitario sono quelle dell’apparato muscoloscheletrico. 
 
In particolare, il sostegno, il sollevamento, il trasferimento e il riposizionamento del paziente “sono operazioni che espongono gli operatori sanitari ad un alto rischio di lesioni dorso-lombari o più in generale di disturbi muscoloscheletrici. Le situazioni che mettono a rischio gli operatori sanitari sono numerose e vi concorrono numerosi fattori che rendono difficile l’adozione di una postura corretta. I fattori sono legati al paziente, ‘carico’ instabile e complesso da spostare, ma anche all’ambiente di lavoro, che spesso costringe ad operare a ritmi intensi, in posizioni difficili, facendo torsioni per l’impossibilità di adottare una posizione ergonomica, anche per la mancanza di spazi adeguati”.
 
Inoltre – continua la scheda – “altri fattori che determinano un incremento del rischio sono l’aumento nella popolazione delle persone in sovrappeso e dei grandi obesi ed il progressivo aumento dell’età media degli operatori, connesso all’invecchiamento della popolazione generale e all’innalzamento dell’età di pensionamento”.
 
Si ricorda, infine, che la valutazione dei rischi da movimentazione “è importante per tutti gli operatori sanitari e in particolare per gli infermieri. Gli ausili meccanici, quali i sollevatori sono di grande utilità ma purtroppo, ancora oggi, non disponibili in tutti i contesti. Si possono anche utilizzare attrezzature che aiutano negli spostamenti dei pazienti, riducendo le sollecitazioni meccaniche per il rachide dell’operatore, definite ausili minori (teli ad alto scorrimento, tavole a rullo, dischi girevoli, cinture ergonomiche, trapezi). Inoltre, è fondamentale valutare e scegliere bene la migliore tecnica di movimentazione in funzione delle caratteristiche del paziente (peso, capacità del soggetto di collaborare nel movimento, condizioni mediche)”.
 
Anche per le altre patologie che risultano associate al settore sanitario, “è necessario prevedere interventi mirati di prevenzione dei rischi. Per limitare la trasmissione delle malattie da acari, quali la scabbia, è fondamentale l’applicazione sistematica delle misure precauzionali per le patologie trasmissibili per contatto: uso di guanti e lavaggio delle mani, uso di camici e copricapo. Allo scopo di prevenire l’allergia al lattice di gomma, l’Accademia americana di allergologia e immunologia (Acaai) nel 1998 ha proposto delle linee guida specifiche per il settore sanitario, ed in questi ultimi anni, anche grazie all’emanazione da parte di alcune regioni di specifiche linee guida, le esperienze di realizzazione di percorsi latexsafe nei presidi ospedalieri si sono moltiplicate anche in Italia”.
 
E, in conclusione, “i principali elementi di prevenzione dello stress e del burnout fanno riferimento agli interventi di promozione della salute nei luoghi di lavoro, alla riduzione del sovraccarico orario, al miglioramento della comunicazione ed alla gestione dei rapporti interpersonali. Mentre le strategie focalizzate alla persona prevedono il rafforzamento delle risorse individuali, per aumentare la capacità di gestione dello stress e il miglioramento delle dinamiche relazionali”.    
 
 
RTM
 
 

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Articolo tratto da puntosicuro.it