09.06.2022
Se siamo impreparati a un rischio è sempre perché abbiamo sbagliato la valutazione? Alcune riflessioni su cosa possa essere un rischio inimmaginabile.
Alcuni casi di incidenti: Viareggio, Torri Gemelle, Costa Concordia, …
Con riferimento alle novità sulla figura e sui compiti del preposto, in relazione alle novità normative del DL 146/2021 e della legge di conversione, un precedente contributo di Alessandro Mazzeranghi ha permesso di riflettere sul significato di rischio grave, immediato e inevitabile.
Il nuovo contributo di Alessandro Mazzeranghi - “Il rischio grave, immediato e inevitabile ‘inimmaginabile’” – va oltre, fino ad arrivare ad una riflessione sul rischio inimmaginabile.
Forse qualcuno ricorda il commento dell’amico Lorenzo Belloni al mio ultimo articolo su PS relativo al tema. In sostanza diceva che, se siamo impreparati a un rischio, probabilmente abbiamo sbagliato la valutazione che è alla base del piano di emergenza.
Io rispondo che per il 70% (più o meno) ha ragione, ma non in assoluto. E provo a spiegarmi, anche uscendo dal mondo del lavoro. Ho scelto molti esempi noti proprio per avere dei rifermenti comuni. Il primo e più noto è quello della immagine qui sotto.
Stazione di Viareggio, 29 Giugno 2009, tarda sera
Un treno merci che trasportava fluido combustibile deraglia per cause mai definitivamente accertate anche se plausibilmente immaginabili, che non interessano questa trattazione.
L’esplosione, già nella zona di pertinenza della stazione, coinvolge anche diverse abitazioni adiacenti e uccide ben oltre 30 persone.
Se io avessi avuto un ufficio piuttosto che un esercizio commerciale in zona, io datore di lavoro ipotetico, come avrei potuto immaginare l’evento, la sua estensione, la possibile diffusione del danno fuori dal perimetro dalla stazione sino alla parte di città adiacente?
È un fatto vero che, credo, noi tutti ricordiamo ancora bene, anche per le successive vicende processuali mai del tutto conclusesi visto che l’ing. Moretti, allora a capo delle ferrovie, poche settimane fa, in appello, ha fatto ricorso alla prescrizione. La prescrizione non esaurisce il reato (non afferma: il reato non sussiste) ma ferma il giudizio per decorsi termini; quindi nessun tribunale mai si potrà pronunciare sulle eventuali responsabilità dell’ing. Moretti, appunto per decorsi termini temporali.
Io quella notte avevo la famiglia in vacanza nelle vicinanze, fra la stazione e l’ospedale Versialia. Ricordo il racconto dell’interminabile suono delle ambulanze in una situazione, fra l’altro, di totale confusione informativa (per la popolazione civile non coinvolta); le priorità erano altre!
Per completezza di memoria, ecco la situazione la mattina dopo.
Inimmaginabile
Questa è la parola più corretta, non imprevedibile che potrebbe sottintendere un fallimento cognitivo o speculativo. Voi direte: ma nei regolamenti europei sulla sicurezza del trasporto ferroviario qualcosa ci doveva essere per prevenire questa situazione. E bisogna ammettere che col tempo, ma ben prima di allora, le cose erano migliorate, in particolare dopo un altro fatto.
“11 luglio 1978: in Spagna, sulla strada Valencia-Barcellona, si capovolge un'autocisterna carica di gas. La conseguente esplosione investe il campeggio 'Los Alfaques', che viene spazzato via. È una strage: 215 morti, altre 67 persone rimangono gravemente ustionate.”
Da allora ADR (trasporto su strada) e simili (ferrovia, navigazione ecc.) provarono a mettere un limite alla “concentrazione del rischio incontrollato” che potesse dare esiti così catastrofici. La direttiva SEVESO fece lo stesso per le situazioni, analoghe, che possono essere generate dai siti industriali.
Come sempre: esiti buoni ma incompleti.
Ma se voi provate a rispondermi che “alla fin fine, pensandoci molto bene, si sarebbe potuto immaginare”, sventuratamente devo rispondere no anche a questo. Forse nei casi citati? A Los Alfaques assenza di preveggenza? A Viareggio negligenza?
Ma in questo caso cosa mi dite?
Non direi proprio che fosse immaginabile, se non forse in un thriller di spionaggio. E poi una cosa sarebbe stata attaccare le torri (con un missile), altra è stata concretamente l’effetto provocato dall’incendio del carburante che ha surriscaldato la struttura portandola al crollo. Chissà se i terroristi lo avevano previsto, tendo a dubitarne; un militare di marina lo avrebbe previsto meglio: se una nave viene colpita da un missile i maggiori danni spesso non derivano dalla testa in guerra ma dal propellente residuo che provoca incendi (di nuovo!) assolutamente imprevedibili. Quindi dalla testa in guerra esplosiva mi difendo tramite una valutazione a priori, dall’incendio possibile o quasi certo del combustibile, che però si sviluppa in modo casuale, mi difendo molto meno facilmente se non applicando principi generali di compartimentazione.
Se ben ricordo il missile Exocet che affondò lo Sheffield davanti alle Falkland fece danni principalmente tramite il combustibile.
Difendersi dall’inimmaginabile
Ho fatto l’esempio solo di alcune delle decine di casi “inimmaginabili” studiati da me come da tanti altri (principalmente nel mondo anglosassone), esempi non necessariamente lavorativi ma che bene esprimono il concetto.
Esempi lavorativi di cui si ricordano i nomi: Seveso, Bophal, Chernobil, Three Miles Island, Deep Water Orizon, Exon Valdez, Fukushima; non esattamente lavorativi: Titanic, Rahmstein, Colombia, Atlantic, Boeing 737 Max, Costa Concordia …
Esiste una difesa? Una possibilità di salvezza? Gli studi fatti sul trasporto marittimo passeggeri e sulla sicurezza delle piattaforme petrolifere offshore (entrambi “oggetti marittimi” non militari e molto popolati) ci dicono che se, quando avviene l’inimmaginabile, ci si comporta secondo logiche codificabili quanto meno di minimizzano le vittime umane; un po’ più difficile è il contenimento dei danni ambientali e alle proprietà.
Facciamo un esempio a noi purtroppo vicino: il naufragio della Costa Concordia.
Esempio 1 - Concrete possibilità di salvezza: la Costa Concordia
Le follie che hanno portato all’evento del naufragio si possono catalogare fra gli eventi troppo stupidi e delinquenziali per rientrare fra gli immaginabili. Quindi considerando la nave nel suo insieme, i successivi comportamenti del comandante (sbagliati, vili e contrari a ogni etica marittima), comunque non hanno impedito che gran parte dei passeggeri si salvasse; è vero che le condizioni generali erano abbastanza favorevoli e che l’equipaggio ha fatto il suo dovere con massima abnegazione, resta comunque il fatto che un evento inimmaginabile nel suo dispiegarsi sia stato controbattuto con un buon livello di efficacia (non me ne vogliano i parenti dei defunti assassinati) sulla base di una centenaria predisposizione della marina passeggeri alla gestione, appunto, dell’inimmaginabile con misure semplici ma piuttosto efficaci che io, in generale, tradurrei grossolanamente in: “capisci dove e cosa è il pericolo e poi scappa dalla parte opposta”.
Esempio 2 - Scarsissime possibilità di salvezza: lo tsunami del pacifico nel 2006
Quando lo tsunami del tutto inaspettato colpì il pacifico, l’Indonesia, le Maldive parte dell’India alcune aree geografiche non ebbero neanche il tempo materiale di percepire la situazione e di dare qualche tipo di allarme. Si racconta, però, del terrore e della fuga degli animali, percepito particolarmente dai bambini, che spinsero diversi adulti alla fuga verso la salvezza.
Qui capire era davvero difficile, fuori da ogni conoscenza consolidata, solo assecondare l’istinto animale era una via di protezione, non necessariamente efficacie, e per giunta assai poco istintiva per soggetti “con cultura occidentale”.
Prevedere? Si certo, in assoluto forse si poteva, ma senza una casistica a supporto? Quindi la salvezza era affidata alla reazione individuale o alla pura e semplice fortuna …
Esempio 3 - Nessuna possibilità di salvezza: volo Germanwings 952
Troverete tutto in rete sul tema; non mi pare che ci siano incertezze interpretative; quindi riassumo: un pilota di voli di linea vuole suicidarsi, e vuole farlo facendo precipitare l’aereo passeggeri che pilota. Trova un sotterfugio per chiudersi da solo in cabina e poi procede a schiantarsi sulle alpi francesi.
Nessuna possibilità di salvezza. Per il pilota, che francamente mi fa rabbia ma anche pena: suicidio e strage premeditata.
Passando alla prevenzione delle situazioni emergenziali inimmaginabili in ambito lavorativo
Portare in salvo migliaia di civili, alcuni anziani, altri disabili, tutti poco o nulla addestrati “tirandoli fuori” da un ambiente dagli spazi necessariamente ristretti è davvero una impresa che mi lascia ammirato.
Ma l’ambito lavorativo è molto diverso e cercherò di spiegare come le sue peculiarità possono essere di grande aiuto per prevenire i disastri e/o minimizzarne le conseguenze, però vi dico subito che ci vuole impegno!
Provo a fare un elenco di quali elementi possono migliorare le reazioni di un gruppo di lavoratori in caso di emergenza inimmaginabile:
Conclusioni
Scusate la lunghezza, spero che gli esempi siano stati di aiuto a mettere a fuoco un punto di vista che urta la visione deterministica che applichiamo alla salute e sicurezza sul lavoro dove il datore di lavoro, quasi come un Dio molto minore, dovrebbe prevedere e provvedere ai lavoratori dando mezzi, organizzazione, competenze tali da consentire di superare indenni ogni emergenza piccola o grande. Non è così, non per sua colpa ma perché non è realisticamente possibile.
Alessandro Mazzeranghi
[1] Ho lavorato tanto nel settore: normalmente gli azionamenti di potenza sono idraulici, ad olio, e l’olio, infiammabile, se nebulizzato diventa altamente infiammabile. Consideriamo altri due fattori: in un laminatoio a caldo, è vero che dipende dalla zona, ma si può presumere di lavorare sopra gli 800 °C quasi ovunque (il materiale laminato). Dovendo il fluido idraulico a pressione di diverse centinaia di atmosfere comandare il movimento di cilindri idraulici è necessario che alcuni tratti delle tubazioni siano in materiale flessibile.
Si sarebbe potuto utilizzare un altro fluido non infiammabile? In un laminatoio, che chiede grande precisione dimensionale, non mi risulta. Nelle presse da forgia (materiale 1.240°C) usavo / facevo scegliere a livello di progetto la normale acqua emulsionata, non infiammabile ma meno rigida dell’olio (scordiamoci il fluido incomprimibile ideale) e dunque meno precisa; avevo un vantaggio: la pressa da forgia non realizza il semilavorato da vendere ma un grezzo che poi viene lavorato alle macchine utensili, quindi i requisiti di precisione dimensionale sono molto più blandi.